Anthony Lambert · Lost Railway Journeys

La storia della ferrovia è ricca di strani progetti, imprese pionieristiche, personaggi curiosi, successi e fallimenti. Alcuni dei tentativi messi in pratica durante i decenni sono arrivati fino a noi e sono ancora la base di come spostiamo persone e merci con i treni. Altri tentativi, invece, sono stati destinati al fallimento, a causa di errori di fondo oppure, semplicemente, perché la Storia ha improvvisamente cambiato direzione.

In Lost Railway Journeys l’autore ci racconta di 33 progetti ferroviari che non esistono più, selezionati in base alla spettacolarità dell’ambiente in cui sono nati e poi morti, oppure per via di altre caratteristiche uniche che li contraddistinguevano.

La presentazione di ogni linea è corredata da parecchie belle foto generalmente di alta qualità e di dimensioni generose, che ci aiutano ad immergerci in ambienti diversi ed in tempi ormai passati (ne potete vedere alcune in questo articolo di Atlas Obscura). La parte testuale invece si addentra abbastanza (per quanto possono concedere poche pagine per ogni linea presentata) negli aspetti non solo del luogo, ma anche delle tecnologie utilizzate per costruire la linea e, poi, espletare il servizio. Ho molto apprezzato l’ampio respiro delle linee scelte che coprono un po’ tutti i continenti principali, permettendoci di conoscere anche un po’ di più di luoghi a noi lontani, a volte anche poco accessibili.

L’unico aspetto che mi sento invece di criticare (ma non poi più di tanto) è quello cartografico. Mi è capitato più volte di non trovare un luogo, citato nel testo, all’interno della mappa presente per ognuna delle linee. È un po’ un peccato, e non capisco il perché di questa svista.

Ad ogni modo è stato piacevole leggere e sfogliare questo libro. Alcune ferrovie sono davvero state interessanti, e molte foto davvero belle da guardare e riguardare nel dettaglio.

[White Lion Publishing · 208 pagine · isbn 9781781318539]

Kurt Vonnegut · Perle ai porci

È difficile a prima vista dire quale sia la storia narrata da questo libro, non tanto perché manchi, ma perché è pressoché irrilevante. Nonostante questo Perle ai porci non è un libro noioso, anzi è coinvolgente ed a tratti divertente, con le situazioni e gli escamotage surreali che ci presenta.

Qual è, quindi, lo scopo di questo libro? Penso che per come è strutturato le persone potranno trovare molti significati diversi, io ci ho visto oltre ad una valutazione sul valore della beneficenza, anche una non velatissima critica ad alcuni modelli capitalistici e di come questi lascino per loro natura indietro delle persone. Il protagonista sembra volerci insegnare l’importanza di mettersi sul piano degli svantaggiati, a contrasto con la beneficenza interessata ed ipocrita dei benestanti.

[Feltrinelli · 198 pagine · isbn 9788807886874]

Ken Mogi · Il piccolo libro dell’Ikigai

Simpatico libro che spiega l’Ikigai ed i suoi cinque pilastri (vedi ad esempio l’elenco sulla Wikipedia), raccontandolo attraverso episodi e situazioni della vita quotidiana in Giappone. Non si addentra in spiegazioni super-approfondite su che cosa sia l’Ikigai, anche perché è in definitiva un modo per trovare una propria «ragione di vita», e quindi è per definizione personale, almeno nel modo in cui si declina in pratica.

Forse alle volte è un libro che pecca in eccessiva idealizzazione, e racconta i giapponesi in una luce sempre un po’ troppo positiva ed acritica, ma comunque rimane una breve lettura piacevole, con alcune storie simpatiche.

[Einaudi · 176 pagine · isbn 9788806237387]

Allan C. Weisbecker · Cosmic Bandidos

Metà della comicità la fanno i tempi, o almeno così dicono i bene informati (io non sono esperto, mi fido). Probabilmente quello che mi manca nella lettura di romanzi comici è proprio questa componente: non riesco a leggerli dando i tempi giusti. Per cui raramente rido, alle volte mi annoio. È stato un po’ il caso di questo romanzo, assolutamente grottesco e fuori da ogni logica, e questi ultimi sono stati invece gli elementi che ho più apprezzato.

La storia. Che poi a chiamarla «storia» fa anche un po’ ridere già solo così. Siamo in compagnia di un gruppo assortito di «bandidos» sudamericani: trafficanti di droga, avvezzi a lussi, stravizi ed esplosioni. Finché un giorno, il bandido protagonista rimane folgorato dai libri di fisica quantistica che rubano ad un emerito professore universitario americano. Da quel momento, man mano che il nostro si addentra nello studio della difficile materia, tutto si inizia a collegare in modo «magico» (e con l’aiuto di qualche droga) tra l’etica bandidos ed il mondo delle particelle subatomiche. Finché la necessità di saperne di più non diventa così forte, che non rimane che partire per gli Stati Uniti per poter parlare di persona con l’emerito professore, e raccogliere direttamente la sua versione sul mondo della meccanica quantistica.

Non vorrei essere accusato di calunnia, ma secondo me le droghe strane non hanno girato solo dentro il romanzo! 😅 L’idea di Cosmic Bandidos è davvero fuori di testa, e certe trovate sono davvero notevoli. Solo, oltre alla mia deficienza nella lettura di romanzi comici, peccato per la ripetitività della formula nella seconda parte del libro.

[Marcos Y Marcos · 285 pagine · isbn 9788871688480]

Kader Abdolah · La casa della moschea

Questo romanzo mi ha suscitato molte emozioni. L’autore ci dice che è stato scritto per l’Europa, come riportato nel risvolto di copertina, ma credo che sia anche un romanzo scritto per l’autore stesso, per interiorizzare in qualche modo quello che è accaduto al suo paese, oltre che per condividere quella che per molti versi è una lettera d’amore alla propria terra. Un amore che trapela proprio da ogni riga, ed a cui è difficile rimanere indifferenti, anche, o forse soprattutto, quando magari idealizza un po’ troppo il passato.

Però è meglio se vado in ordine. La casa della Moschea racconta un breve arco temporale nella storia di una millenaria moschea della città iraniana di Senjan, proprio negli anni a cavallo tra la caduta dello scià e la rivoluzione iraniana del 1979. La famiglia che gestisce la moschea è portatrice di tradizioni antichissime, che arriveranno in qualche modo a scontrarsi con l’avvento della modernità, e faranno fare ai vari componenti della famiglia scelte molto diverse, soprattutto in vista della rivoluzione islamica.

Ci credo quando Abdolah dice che è un libro scritto per l’Europa. Dietro alla storia narrata c’è quasi un’opera di istruzione: quella di raccontare l’Iran dall’interno e da un punto di vista più umano che geo-politico, perché prima di tutto ci sono le persone. L’obiettivo credo sia stato raggiunto: al di là delle scelte anche terribili che alcuni membri della casa decideranno o saranno portati a fare, La casa della Moschea ci aiuterà a capire il perché di queste scelte, la loro umanità o disumanità, e facendo questo ci fornirà uno sguardo su una nazione che ho trovato davvero di grande valore.

[Iperborea · 500 pagine · isbn 9788870911633]

Arsenio e Chiara Frugoni · Storia di un giorno in una città medioevale

Dalle strade e dalle piazze fino al relativo privato delle mura domestiche, questo libro ci porta in un piccolo viaggio nel quotidiano delle famiglie di una città italiana del 1200-1300. Il lavoro, le attività domestiche, il tempo libero e la cura dei bambini sono i principali aspetti toccati dagli autori, che aiutati dal corredo di un ricco apparato iconografico composto principalmente da dipinti e da belle miniature, cercano di immergerci nella giornata di un tempo ormai lontano da noi.

Una lettura interessante e piacevole, che a parte qualche divagazione a mio parere un po’ troppo fuori tema, riesce a raccontare aspetti poco conosciuti ma comunque di gran fascino di un mondo che riteniamo a torto «oscuro» o «poco interessante».

Una nota a parte merita il breve saggio introduttivo di Arsenio Frugoni, che mi è piaciuto davvero in modo particolare. In poche pagine riesce a condensare una grande mole di informazioni, pur rimanendo molto evocativo e quindi facendoci immergere benissimo in alcuni aspetti della vita del duecento e trecento.

[Editori Laterza · 212 pagine · isbn 9788858126349]

Liu Cixin · Il problema dei tre corpi

Quando ho letto fantascienza l’ultima volta? Mesi fa? Anni? Sono stato un avido consumatore del genere, poi un po’ mi è passata la smania mentre andavo alla scoperta di altri lidi. È stato piacevole tornare «a casa» con un libro che racchiude diversi interessanti spunti di novità.

Prima di tutto l’ambientazione: non sono certamente abituato (io e credo buona parte del mondo «occidentale») ad un romanzo cinese e di ambientazione cinese, soprattutto se calato come in questo caso nella storia del paese stesso, che riveste un ruolo importante. Che dire poi dell’aspetto scientifico: Il problema dei tre corpi è davvero un romanzo di fanta-scienza (o science fiction, se preferite). Liu Cixin ha una formazione ingegneristica, ma in questo libro la fa da padrona senza dubbio la fisica, insieme a tante altre branche scientifiche e tecniche. È un tipo di fantascienza che negli ultimi anni ha preso abbastanza piede, e devo dire che non mi dispiace: del resto non si può parlare soltanto di alieni e minacce spaziali.

Ah… mi dicono però che è proprio quello di cui parla questo libro! Vero. Però ne capovolge decisamente la classica struttura, diventando per lo più un romanzo di investigazione, ricco di suspense ed anche con interessanti momenti di azione, con alcuni personaggi curiosi dal gusto quasi hard boiled.

La storia non si conclude con la fine del libro, e del resto ci sono già due sequel tradotti in Italia. Però la sospensione della storia non lascia l’amaro in bocca, e secondo me è un bel libro anche da solo. Infatti non sono certo che leggerò i prosieguo, preferisco forse rimanere con la vicenda aperta, per provare ad inventarmi un mio finale.

È stato un bel ritorno alla fantascienza, uno di quei libri che non riesci a «mettere giù» e che al contempo per me ha portato qualcosa di nuovo nel genere. Mi dispiace solo non averlo letto in inglese: se ben capisco questa è una traduzione in italiano della traduzione inglese dell’originale cinese. Un po’ troppi passaggi, forse.

Un ultimo avvertimento: cercate di non leggere il riassunto che Mondadori ha messo (almeno nella mia edizione) nel risvolto di copertina. Secondo me dice davvero troppo, e vi rovinerebbe qualche colpo di scena.

[Mondadori · 354 pagine · isbn 9788804680604]

Anna Banti · Noi credevamo

Domenico Lopresti, il protagonista di questo romanzo, ci racconta in prima persona la sua partecipazione attiva al Risorgimento italiano. Dai moti contro il regno borbonico, che gli farà passare lunghi anni nelle terribili carceri del Regno delle Due Sicilie, poi nelle spedizioni garibaldine, infine come una specie di esule politico a Torino. Di incrollabile fede repubblicana, vive con dolore e rabbia il fatto che l’unificazione d’Italia non porti alla nascita di una repubblica, ma rimanga invece sotto il giogo di un re, diverso, ma per molti versi uguali all’odiato Borbone.

È proprio questa rabbia il filo conduttore di tutto il romanzo. Domenico ci racconta la sua vita in un lungo flashback che si dipana durante i suoi ultimi giorni, e quello che unisce tutte le vicende della sua esistenza è appunto la rabbia, la disillusione e l’amarezza per la distruzione di tanti ideali. È una rabbia che non si concentra soltanto sugli altri, ma anche e soprattutto contro se stesso: non c’è piccolo errore o debolezza che non si rimproveri e su cui non si prenda del tempo per un’analisi completa e spietata.

Lo stile di scrittura usato dall’autrice, Anna Banti (pseudonimo di Lucia Lopresti), si adatta molto bene a mio parere a questo scopo. La prosa è molto densa: le frasi sono secche e definitive come le elucubrazioni ed i giudizi del protagonista. Il tutto si concretizza in un racconto del risorgimento da un punto di vista scevro di ogni propaganda od esaltazione, che ne mette in risalto gli aspetti contraddittori o tragici, nella povertà materiale ed ideale di tanti italiani. Una variante del famoso «fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani».

[Mondadori · 344 pagine · isbn 9788804603849]

Matsumoto Seichō · Tokyo Express

Avevo questo libro nella mia lista di lettura ormai da mesi e non ricordavo in alcun modo dove e come ne avessi sentito parlare, né di che cosa si trattasse al di là del fatto che fosse un romanzo. Quando ho finalmente deciso di leggerlo, sono stato sopreso di scoprire di essere di fronte ad un giallo. Sono stato anche contento, perché era un bel po’ di tempo ormai che non leggevo nulla del genere, ed insieme al fatto che prima o poi in Giappone vorrei tornarci, ero davanti alla combinazione perfetta.

Tokyo Express, di un autore di cui non avevo mai letto nulla prima d’ora, non mi ha deluso. Come ogni buon giallo non si riesce a smettere di leggere, ed anche se ogni tanto qualche aspetto della storia risulta un po’ prevedibile, la struttura con il gran finale è ben fatta e del tutto piacevole.

Come la scelta della foto di copertina da parte di Adelphi può far immaginare, tutta la storia si sviluppa attorno al sistema ferroviario giapponese: una rete di trasporto molto sviluppata e sfruttata, che diventa la base per una storia di viaggi e depistaggi su rotaia. Con la tabella degli orari sotto mano, si va alla ricerca dei responsabili di un duplice suicidio che puzza subito di omicidio per chi sa guardare appena al di là delle apparenze.

Le persone tendono ad agire sulla base di idee preconcette, a passare oltre dando troppe cose per scontate. E questo è pericoloso. Quando il senso comune diventa un dato di fatto spesso induce in errore.

Uno degli aspetti della storia che ho molto apprezzato, al di là delle belle ambientazioni che mi hanno fatto tornare al mio viaggio da quelle parti, ormai parecchi anni fa, è stato il fatto che benché ci sia un personaggio che si potrebbe definire principale, l’ispettore Mihara, in realtà la storia e la soluzione del mistero si deve al lavoro anche di un’altro investigatore: Torigai Jūtarō. Quest’ultimo è più di una semplice spalla o aiutante, ma ha bensì un ruolo decisivo ed è altrettanto ben caratterizzato di Mihara, tanto che il romanzo ha quasi due personaggi principali, discostandosi dal solito cliché dell’ispettore intraprendente e che lavora da solo.

Credo che terrò a mente questo autore, per ulteriori letture che spero siano altrettanto piacevoli ed interessanti.

[Adelphi · ebook · 175 pagine · isbn 9788845979842]

Alan Weisman · Il mondo senza di noi

Cosa accadrebbe al nostro pianeta se tutti gli esseri umani scomparissero improvvisamente? Partendo dai residui delle nostre case fino ad arrivare ai depositi di scorie nucleari, come se la passerebbero in mezzo ai nostri resti le piante e gli animali non più «domate» ed innaturalmente costrette dall’uomo?

Nel corso del libro, l’autore fornisce alcune risposte a queste domande, ma soprattutto ci presenta una lunga carrellata di effetti, sul lungo e lunghissimo periodo, che continuerebbero a prodursi come conseguenza delle nostre attività passate. Impianti industriali con i loro residui tossici, sostanze e materiali impiegati anche quotidianamente nelle nostre case e tante altri «residui» umani finirebbero presto o tardi liberi nell’ambiente, con conseguenze che si possono soltanto ipotizzare per la vita sulla terra (vita non più umana, ovviamente, visto che la premessa di questo libro è che scompaiano tutti).

Ho trovato abbastanza interessante (e molto allarmante) questo libro, nonostante il contenuto si discosti un po’ dal titolo, indirizzandosi più che altro nell’analisi dei danni che abbiamo commesso e che per buona parte si stanno verificando anche se nel mondo ci siamo ancora eccome. Peccato inoltre per la struttura espositiva che ho trovato un po’ disordinata, e per le varie ripetizioni degli stessi concetti che rendono un po’ noiosa la lettura (e danno la solita sensazione di brodo un po’ allungato), nonostante uno stile di scrittura piacevole ed abbastanza frizzante.

[Einaudi· ebook · 376pagine · isbn 9788858426418]

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