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Ta-Nehisi Coates · Tra me e il mondo

Scritto come una lettera indirizzata al figlio, questo libro autobiografico racconta la vita di una persona nera negli Stati Uniti dalla fine degli anni ‘80 ad oggi, partendo dai ghetti e dalla violenza di Baltimora, che l’autore ha sperimentato direttamente durante la sua gioventù. È un resoconto di come vivono le persone nere negli USA, dal punto di vista sia materiale che psicologico.

Tutto il testo è continuamente intriso della paura e del rischio che i neri americani sperimentano di essere sempre in pericolo per la propria vita (per «il proprio corpo», come lo scrive l’autore). Vita la cui colpa per la perdita ricadrà sempre e comunque sulla vittima, qualunque cosa succeda.

Ma tu sei un bambino nero, e devi essere responsabile del tuo corpo in un modo che altri bambini non potranno mai sapere. In realtà, tu devi essere responsabile per le peggiori azioni di altri corpi neri, che, in qualche modo, ti saranno sempre addebitate. E devi essere responsabile per i corpi dei potenti, dei poliziotti che ti colpiscono con il manganello, e subito adducono come scusa i tuoi movimenti furtivi. E questo non riguarda soltanto te: le donne devono essere responsabili dei propri corpi in modi che non ti sarà mai dato sapere.

Uno degli obiettivi del libro è dimostrare come il razzismo americano sia parte fondamentale e fondante del cosiddetto «Sogno Americano», ad esso talmente interconnesso da non poter essere separato. Il Sogno Americano, sembra far capire l’autore, è essenzialmente un insieme di ignoranza per la storia e per il presente della propria nazione, una fantasia costruita dagli americani privilegiati per auto-convincersi della bontà del loro stato.

È rimanendo ancorati a questa fantasia di simil-perfezione che la società non migliora. Un po’ come quando tutti si slanciano in «thoughts and prayers» dopo un fatto di sangue, ma poi rimane tutto uguale a prima, nella convinzione che le cose stiano in realtà sempre migliorando. Secondo Coates questa idea di progresso è solo un concetto idealizzato dei «sognatori» non supportato da fatti.

Forse era, e rimane questa la speranza del movimento: risvegliare i Sognatori, far loro prendere coscienza del loro bisogno di essere bianchi, di parlare come bianchi, di pensare come bianchi di essere superiori ai difetti normali dell’umanità, e di come questo loro bisogno abbia avuto un impatto sul mondo.

Risvegliarli sarebbe come rivelare loro che sono soltanto un impero di umani, costruito sulla distruzione dei corpi.

Credo sia un libro molto importante per capire l’America contemporanea, anche scritto in maniera molto coinvolgente e scorrevole.

[Codice · ebook · 208 pagine · isbn 9788875786366]

Kurt Vonnegut · Perle ai porci

È difficile a prima vista dire quale sia la storia narrata da questo libro, non tanto perché manchi, ma perché è pressoché irrilevante. Nonostante questo Perle ai porci non è un libro noioso, anzi è coinvolgente ed a tratti divertente, con le situazioni e gli escamotage surreali che ci presenta.

Qual è, quindi, lo scopo di questo libro? Penso che per come è strutturato le persone potranno trovare molti significati diversi, io ci ho visto oltre ad una valutazione sul valore della beneficenza, anche una non velatissima critica ad alcuni modelli capitalistici e di come questi lascino per loro natura indietro delle persone. Il protagonista sembra volerci insegnare l’importanza di mettersi sul piano degli svantaggiati, a contrasto con la beneficenza interessata ed ipocrita dei benestanti.

[Feltrinelli · 198 pagine · isbn 9788807886874]

Allan C. Weisbecker · Cosmic Bandidos

Metà della comicità la fanno i tempi, o almeno così dicono i bene informati (io non sono esperto, mi fido). Probabilmente quello che mi manca nella lettura di romanzi comici è proprio questa componente: non riesco a leggerli dando i tempi giusti. Per cui raramente rido, alle volte mi annoio. È stato un po’ il caso di questo romanzo, assolutamente grottesco e fuori da ogni logica, e questi ultimi sono stati invece gli elementi che ho più apprezzato.

La storia. Che poi a chiamarla «storia» fa anche un po’ ridere già solo così. Siamo in compagnia di un gruppo assortito di «bandidos» sudamericani: trafficanti di droga, avvezzi a lussi, stravizi ed esplosioni. Finché un giorno, il bandido protagonista rimane folgorato dai libri di fisica quantistica che rubano ad un emerito professore universitario americano. Da quel momento, man mano che il nostro si addentra nello studio della difficile materia, tutto si inizia a collegare in modo «magico» (e con l’aiuto di qualche droga) tra l’etica bandidos ed il mondo delle particelle subatomiche. Finché la necessità di saperne di più non diventa così forte, che non rimane che partire per gli Stati Uniti per poter parlare di persona con l’emerito professore, e raccogliere direttamente la sua versione sul mondo della meccanica quantistica.

Non vorrei essere accusato di calunnia, ma secondo me le droghe strane non hanno girato solo dentro il romanzo! 😅 L’idea di Cosmic Bandidos è davvero fuori di testa, e certe trovate sono davvero notevoli. Solo, oltre alla mia deficienza nella lettura di romanzi comici, peccato per la ripetitività della formula nella seconda parte del libro.

[Marcos Y Marcos · 285 pagine · isbn 9788871688480]

Ernest Hemingway · Il vecchio ed il mare

Essenzialmente un libro di poesia, ma in forma di prosa. Una dichiarazione d’amore (ma anche di odio) nei confronti della natura, espressa sempre però con il massimo rispetto anche quando diventa odio. La storia raccontata di per se è quasi marginale, seppure emotivamente forte, e parla di autorealizzazione, dello scopo della vita e del posto dell’uomo nel mondo, solo per citare alcuni dei temi trattati con realismo, ma anche con una certa dose di lievità.

Mentre Hemingway ci parla di questi temi, sembra davvero di essere in mare e di vivere e soffrire lì insieme a Santiago.

Non saprei bene che altro dire, se non che mi è piaciuto moltissimo.

[Mondadori · 94 pagine · isbn 9788804667872]

John G. Neihardt · Alce Nero parla

Alce Nero è stato un «uomo della medicina» vissuto dal 1863 al 1950 ed appartenente alla tribù degli indiani Ogala. In questo libro, scritto nel 1932, racconta attraverso la scrittura di John G. Neihardt la sua vita e, in particolare, la sua grande visione avuta da fanciullo.

Nato e cresciuto durante una terribile fase di soprusi e massacri compiuti dagli invasori «bianchi», Alce Nero si sente investito, a seguito della sua visione, del grande dovere di aiutare a salvare la nazione dei nativi americani.

Erano venuti per uccidere le nostre madri e i nostri padri e noi, e quella era la nostra terra.

Per questo è testimone e partecipe di famose battaglie contro i soldati invasori, prima insieme a Cavallo Pazzo, poi con altri gruppi in seguito all’uccisione di quest’ultimo.

Per quanto questo libro possa essere stato in qualche modo «filtrato» dalla scrittura di un’occidentale, ed infatti ha suscitato qualche controversia il modo in cui ha raccontato la cultura e la religione degli Ogala, rimane comunque un fortissimo testamento e denuncia delle colpe commesse dagli invasori «occidentali» (si può dire anche se in realtà venivamo da oriente rispetto all’America?).

Ricevevamo più menzogne che bestiame, e non potevamo mangiare le menzogne.

Vedere la storia dalla parte dei vinti è spesso molto istruttivo, ed Alce Nero parla è sicuramente un libro a dimostrazione di questa teoria.

[Adelphi · 280 pagine · isbn 9788845907562]

Colson Whitehead · La ferrovia sotterranea

La Ferrovia Sotterranea (in lingua inglese: Underground Railroad) era una rete informale di itinerari segreti e luoghi sicuri utilizzati dal XIX secolo dagli schiavi afroamericani negli Stati Uniti d’America, per fuggire negli “Stati liberi” e in Canada con l’aiuto degli abolizionisti che erano solidali con la loro causa.

Dalla wikipedia

Se devo essere sincero, non ho ben capito la necessità di «trasformare» in maniera così fantasiosa, come ci viene proposto in questo libro, la natura di questa «ferrovia sotterranea». Se ci si voleva concentrare su altri aspetti, lasciando da parte quelli «tecnici» della fuga di Cora, la protagonista, allora forse sarebbe bastato non parlarne. Se invece lo scopo era quello di aggiungere una sfaccettatura fantasiosa, quasi onirica, alla fuga, ecco che si apre una riflessione sul perché di questa scelta. Forse per aggiungere un aspetto di viaggio, oltre a quello di fuga, a voler simboleggiare la trasformazione, la crescita e l’aspettativa data dall’arrivo (ovvero la libertà)?

Ad ogni modo, nella sua fuga dalla prigionia e dalla schiavitù dei campi di cotone degli Stati Uniti del sud, Cora si ferma in varie «tappe», che le danno modo di raccontarci le diverse modalità con cui gli americani bianchi opprimevano le popolazioni nere. Partendo appunto dallo schiavismo fino ad arrivare ai linciaggi ed alle persecuzioni, passando per altre forme più sottili di oppressione, come ad esempio le campagne di sterilizzazione. In questo viaggio Cora può vedere questi diversi aspetti, e crescere grazie a queste esperienze ed alle persone che ha modo di incontrare.

Per un italiano medio come me, che vive in una società che ha cercato di rimuovere tante cose dalla sua memoria, tra cui appunto lo schiavismo, questa lettura e la ricostruzione di una fuga che l’autore ci propone è un racconto forte ed importante. Sicuramente ho avuto modo di imparare dall’avventura di Cora: una cosa è sentire generalmente parlare della questione dello schiavismo negli Stati Uniti, un’altra è leggere una ricostruzione di come si vivesse in quelle terribili condizioni. Sui livelli di abbrutimento che l’uomo può raggiungere quando opprime i meno fortunati di lui, invece, ormai non mi sorprendo più di niente.

Spero solo che gli aspetti più fantastici del romanzo non spingano qualche lettore a derubricare tutto come una fantasia.

[SUR · 376 pagine · isbn 9788869980879]

Truman Capote · Colazione da Tiffany

Un simpatico e breve romanzo che all’epoca, per le tematiche a cui accennerà nel seguito, ha certamente fatto la storia. Ora per lo più sopravvive, oltre che per il suddetto valore storico, per il fatto che l’interpretazione della Hepburn nel film tratto da questo romanzo sia diventata una icona pop.

Con questo non voglio intendere che sia un brutto romanzo, tutt’altro. È piacevole da leggere e coinvolgente, nonostante non succeda nulla e sia, essenzialmente, un ritratto ed una scoperta della «eroina», raccontata dal punto di vista di un vicino di casa.

Per quello che riguarda le tematiche, a cui avevo accennato all’inizio, ed anche sul perché abbia definito «eroina» il personaggio, Colazione da Tiffany è stato probabilmente una voce importante nell’autodeterminazione della donna, soprattutto per il diritto all’amore libero per il sesso femminile. Ora credo che, al di la di questa importanza storica, sia un romanzo che valga la pena essere letto se si vuole scoprire l’origine di una figura ormai mitica della cultura contemporanea.

[Garzanti · e-book · 110 pagine · isbn 9788811603719]

Chimamanda Ngozi Adichie · Americanah

Ifemelu ed Obinze sono i due ragazzi del romanzo, raccontati in un giro che parte dalla scuola in Nigeria, passa per i tentativi di farsi una vita negli Stati Uniti o in Inghilterra, e si conclude di nuovo in Nigeria, con il ritorno a Lagos. Un giro ovviamente non privo di difficoltà ed amarezze, dal doloroso allontanamento alle problematiche dell’emigrazione da un paese africano verso il «primo mondo».

Il libro è essenzialmente una storia d’amore, che si dipana lungo tanti anni e tra tanti kilometri, ed in pratica è una storia per parlare di culture ed attualità del mondo moderno, in particolare dei processi migratori. È raccontato dall’«altra parte» rispetto a come siamo abituati, e benché il punto di osservazione sia comunque privilegiato anche all’interno dell’Africa, non per questo risulta meno interessante od incisivo.

Essenzialmente sono tre gli «shock culturali» raccontanti: dalla Nigeria agli Stati Uniti, dalla Nigeria all’Inghilterra e, in ultimo, il ritorno in Nigeria. Ho molto apprezzato quest’ultima parte, oltre all’importante denuncia delle piccole e grandi vessazioni gratuite subite dagli immigrati in «occidente». Allo stesso modo ho apprezzato la discussione sulla razza, anche questa vista da un punto di vista diverso da quello abituale. Americanah è, insomma, scritto a romanzo come scusa per parlare di queste cose, ed il risultato è piacevole oltre che interessante, anche divertente alle volte. Solo un po’ troppo lungo in 490 pagine.

[Einaudi · 490 pagine · isbn 9788806227272]

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