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Thomas De Quincey · Confessions of an English Opium-Eater

Per introdurre questo libro lasciatemi partire segnalando Standard Ebooks, un sito che raccoglie ebook di pubblico dominio che sono stati curati e «sistemati» (dal punto di vista dell’impaginazione, tipografia e non solo) da esseri umani. Così si presentano:

Standard Ebooks is a volunteer-driven project that produces new editions of public domain ebooks that are lovingly formatted, open source, free of U.S. copyright restrictions, and free of cost.

Gli ebook sono tutti in inglese, così per la curiosità di provare il servizio ed al contempo verificare anche la mia capacità di comprensione dell’inglese, magari in forme non del tutte contemporanee, ho deciso di scaricare e leggere uno dei libri classificati come più difficili su Standard Ebooks. Eccomi quindi qui a scrivere delle Le confessioni di un mangiatore d’oppio, come lo conosciamo noi in Italia.

Il libro è d’interesse relativo al giorno d’oggi, secondo me. Dell’oppio sappiamo molte più cose rispetto all’inizio del XIX secolo, quando questo libro è stato scritto, per cui non è certamente un testo che oggi possa sconvolgerci come probabilmente fece all’epoca. Essendo probabilmente il primo libro in cui venivano descritti in maniera esplicita gli effetti della droga sul corpo umano, sicuramente la sua importanza è stata molto maggiore in passato.

Rimane abbastanza interessante invece il racconto di alcuni aspetti della vita in Inghilterra ed a Londra in quel periodo, soprattutto visto dal livello di una persona povera e che vive di espedienti.

In definitiva non mi viene da consigliarlo a nessuno. Non perché sia scritto male o non sia stato importante, ma perché importante non lo è più, e dell’ampollosità della scrittura ottocentesca se ne può fare a meno, se non ce lo ordina il dottore.

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Ken Follett · I pilastri della terra

Fumettone ambientato nell’Inghilterra del dodicesimo secolo, tra conventi, città fortificate e guerre tra re e pretendenti tali. Il filo conduttore di tutta la vicenda è la costruzione di una nuova cattedrale per il priorato di Kingsbridge: una impresa titanica che si scontrerà con gli avvenimenti della storia, ma soprattutto con le macchinazioni di nemici ed interessi avversi.

È un classico libro costruito per renderti difficile interrompere la lettura, e direi che ci riesca bene. Questo nonostante i momenti didascalici ed i «riassunti» periodici camuffati da elucubrazioni mentali di questo o quel personaggio. Tanti sono i fili della trama che si formano nelle più di mille pagine del romanzo, e bisogna dare credito a Follet di averli saputi mantenere della lunghezza giusta: non tutti si concludono alla fine del libro, ma mi è sembrato ci fosse un bel ritmo tra storie maggiori e minori.

Un’altra cosa che ho apprezzato, a differenza di altri libri con costruzioni simili, è stato il fatto che non mi sia stata data la possibilità di avere uno o più fili conduttori «preferiti». Quando si creano dei preferiti, le parti di romanzo che non li trattano spesso si trasformano in poco più che «scocciature», e si leggono non aspettando altro di poter tornare a ciò che interessa maggiormente. Ne I pilastri della terra non è stato così, almeno per me, e questo ha eliminato uno degli aspetti che più mi infastidisce in romanzi di questo tipo.

Per quello che riguarda l’ambientazione storica, il lavoro fatto per immergere il lettore mi è sembrato sufficiente. Non nel senso che non ci si riesca ad immedesimare, ma solo che Follet a mio parere ha messo giusto il necessario per rendere credibile e coinvolgente l’ambientazione, senza spingersi troppo in là nella ricostruzione. L’impressione è che abbia dato più importanza alla storia, e del resto (non sono un esperto) è probabilmente quella che rende un successo un libro come questo. L’ambientazione «storica» aiuta, ma basta che si intraveda.

Alla fine è stata una lettura piacevole, perfetta se ci si vuole svagare e staccare un po’.

[Mondadori · ebook · 1049 pagine · isbn 9788852022166]

Laurent Binet · Civilizzazioni

Come sarebbe potuta andare la storia del mondo se Cristoforo Colombo non avesse mai fatto ritorno e fossero state le popolazioni indigene americane a scoprire l’Europa? Questa è la domanda a cui vuole rispondere, ovviamente in maniera fantasiosa e romanzata, questo libro, costruendo una piacevole ucronia partendo da quello che conosciamo delle civiltà del continente americano.

L’autore riesce a costruire un contesto di premesse per cui la versione diversa della storia raccontata possa sembrare in qualche modo plausibile, e su queste basi racconta l’impatto di una civiltà come quella Inca sull’Europa di inizio cinquecento.

La versione della storia di Civilizzazioni è raccontata in diversi modi nel corso del libro, e ho trovato in queste tipologie di racconto l’aspetto meno riuscito, a mio modestissimo parere, del romanzo. Una parte della storia (la più corposa) è raccontata dal punto di vista di un narratore Inca, solo che questo particolare punto di vista, che avrebbe potuto essere un aspetto di forza, viene spesso perso e non ha «mordente»: il più delle volte sembra Binet, un europeo, a raccontare, più che un Inca. In più, sinceramente, non ho ben chiarissimo che cosa c’entri il racconto finale: è ambientato nello stesso «mondo», ma non si capisce perché raccontare proprio quella storia. Non porta a nulla, e si trova alla fine del libro senza essere una chiusura.

Nonostante questi miei dubbi e critiche, Civilizzazioni è un romanzo che ho trovato davvero piacevole. Ha un bel ritmo che raramente perde nel corso del testo, ed è una bella interpretazione del «e se invece fosse successo».

[La nave di Teseo · 384 pagine · isbn 9788834601853]

Kazuo Ishiguro · Quel che resta del giorno

Faccio fatica a formulare un parere defintivo su questo libro, e questo per i pensieri contrastanti che mi sono venuti durante la lettura. Da un lato, nella prima parte del libro, mi sono anche divertito a leggerlo, poi pian piano il divertimento si è trasformato in fastidio, fino a lasciarmi, al termine, piuttosto perplesso.

Infatti se per un po’ il racconto del protagonista, maggiordomo inglese «tutto d’un pezzo» al lavoro da decenni in una importante casa nobiliare, è stato sia interessante che in qualche misura divertente per il modo in cui incarnava lo stereotipo del gentiluomo inglese, alla lunga questo stesso calco su uno stereotipo ha reso tutto quanto troppo finto, poco credibile ed ha reso difficile immedesimarsi con il protagonista.

Poi è chiaro che tutto il libro sia una allegoria: racconta di una persona così presa dal suo lavoro da risultare falsa ed anafettiva, che pian piano riesce ad avere un primo barlume di coscienza del suo vero essere e di cosa sia provare un affetto (ad Ishiguro sembrano piacere le allegorie, almeno basandomi sui soli due libri che ho letto suoi, l’altro è Il gigante sepolto che mi è piaciuto molto di più). Però per quello che mi riguarda il risultato, più che commuovermi, è stato quello di farmi provare frustrazione e fastidio durante buona parte del libro.

Bella la traduzione, che ha saputo rendere bene l’eloquenza ampollosa e demodé con cui il protagonista ci parla.

[Einaudi · 271 pagine · isbn 9788806229900]

Kazuo Ishiguro · Il gigante sepolto

Che storia strana! L’obiettivo del libro è chiaramente quello di affrontare gli aspetti della memoria e dell’oblio, e della loro importanza nell’uomo e nella vita. Tuttavia la storia che Ishiguro ci racconta di «contorno» è davvero curiosa.

Siamo in una Inghilterra medioevale, alcuni anni dopo la morte di re Artù, in una ambientazione un po’ storica e molto di fantasia. In questo mondo una coppia di anziani decide di lasciare il proprio villaggio per andare alla ricerca del loro figlio, che non vedono da molto tempo. Nella loro ricerca accade un po’ di tutto (incontrano anche dei draghi), e nel mentre cercano di capire perché nessuno delle persone che conoscono riescano a ricordare la maggior parte del proprio passato, che è sempre come avvolto in una nebbia.

Come scrivevo sopra la storia sembra quasi un pretesto per affrontare alcuni importanti argomenti riguardanti la vita della persona, ma questo non toglie nulla al piacere della lettura di un libro ben scritto e con delle ambientazioni ben costruite. Il finale poi è una vera «bastardata», ma così birichino che non si può non riderne.

[Einaudi · 313 pagine · isbn 9788806222321]

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