Ifemelu ed Obinze sono i due ragazzi del romanzo, raccontati in un giro che parte dalla scuola in Nigeria, passa per i tentativi di farsi una vita negli Stati Uniti o in Inghilterra, e si conclude di nuovo in Nigeria, con il ritorno a Lagos. Un giro ovviamente non privo di difficoltà ed amarezze, dal doloroso allontanamento alle problematiche dell’emigrazione da un paese africano verso il «primo mondo».
Il libro è essenzialmente una storia d’amore, che si dipana lungo tanti anni e tra tanti kilometri, ed in pratica è una storia per parlare di culture ed attualità del mondo moderno, in particolare dei processi migratori. È raccontato dall’«altra parte» rispetto a come siamo abituati, e benché il punto di osservazione sia comunque privilegiato anche all’interno dell’Africa, non per questo risulta meno interessante od incisivo.
Essenzialmente sono tre gli «shock culturali» raccontanti: dalla Nigeria agli Stati Uniti, dalla Nigeria all’Inghilterra e, in ultimo, il ritorno in Nigeria. Ho molto apprezzato quest’ultima parte, oltre all’importante denuncia delle piccole e grandi vessazioni gratuite subite dagli immigrati in «occidente». Allo stesso modo ho apprezzato la discussione sulla razza, anche questa vista da un punto di vista diverso da quello abituale. Americanah è, insomma, scritto a romanzo come scusa per parlare di queste cose, ed il risultato è piacevole oltre che interessante, anche divertente alle volte. Solo un po’ troppo lungo in 490 pagine.
[Einaudi · 490 pagine · isbn 9788806227272]