Questo romanzo mi ha suscitato molte emozioni. L’autore ci dice che è stato scritto per l’Europa, come riportato nel risvolto di copertina, ma credo che sia anche un romanzo scritto per l’autore stesso, per interiorizzare in qualche modo quello che è accaduto al suo paese, oltre che per condividere quella che per molti versi è una lettera d’amore alla propria terra. Un amore che trapela proprio da ogni riga, ed a cui è difficile rimanere indifferenti, anche, o forse soprattutto, quando magari idealizza un po’ troppo il passato.
Però è meglio se vado in ordine. La casa della Moschea racconta un breve arco temporale nella storia di una millenaria moschea della città iraniana di Senjan, proprio negli anni a cavallo tra la caduta dello scià e la rivoluzione iraniana del 1979. La famiglia che gestisce la moschea è portatrice di tradizioni antichissime, che arriveranno in qualche modo a scontrarsi con l’avvento della modernità, e faranno fare ai vari componenti della famiglia scelte molto diverse, soprattutto in vista della rivoluzione islamica.
Ci credo quando Abdolah dice che è un libro scritto per l’Europa. Dietro alla storia narrata c’è quasi un’opera di istruzione: quella di raccontare l’Iran dall’interno e da un punto di vista più umano che geo-politico, perché prima di tutto ci sono le persone. L’obiettivo credo sia stato raggiunto: al di là delle scelte anche terribili che alcuni membri della casa decideranno o saranno portati a fare, La casa della Moschea ci aiuterà a capire il perché di queste scelte, la loro umanità o disumanità, e facendo questo ci fornirà uno sguardo su una nazione che ho trovato davvero di grande valore.
[Iperborea · 500 pagine · isbn 9788870911633]